Descrizione
Nelle immediate vicinanze del centro storico di Caldiero, ai piedi del monte Rocca, in un ambiente naturale suggestivo, si trovano le Terme di Giunone, alle quali è legata buona parte della storia del paese. Nonostante l’assenza di significativi ritrovamenti archeologici di epoca romana, il nome Caldiero si fa tradizionalmente risalire al latino Calidarium, dovuto alle sorgenti di acqua calda, e il nome delle terme al tempietto dedicato alla dea Giunone, che forse si trovava sul monte Rocca.
Sullo stesso monte esisteva invece un castello, distrutto da Ezzelino da Romano nel 1233, e recenti scavi hanno portato alla luce un deposito archeologico attribuibile all’età del bronzo (XVI-XIII secolo a.C.). E’ possibile quindi affermare che le sorgenti di Caldiero erano conosciute e utilizzate anche prima dell’epoca romana, ma forse le condizioni ambientali poco favorevoli per la presenza di paludi – la modesta temperatura dell’acqua e la vicinanza delle sorgenti di Abano e Sirmione non consentirono di valorizzarle con la costruzione di vere e proprie strutture termali.
Se qualcosa vi era stato in epoca romana, gli eventi del Medioevo ne hanno comunque cancellato le tracce: l’invasione dei barbari e le frequenti carestie, assieme a una serie di eventi naturali, inondazioni e terremoti, provarono duramente gli abitanti di queste terre e ne misero in crisi la fragilissima economia. Vi fu quindi un regresso culturale generale con evidenti conseguenze anche sulla vita materiale, sul comportamento e sul modo stesso di apprezzare l’esistenza terrena. Ostile a ogni esaltazione fisica, la Chiesa avversava anche l’esibizione della nudità e considerava disdicevole la frequentazione delle terme, vista come un’eccessiva compiacenza verso il proprio corpo in un ambiente pericolosamente promiscuo. Le terme caddero così progressivamente in disuso e le acque di Caldiero vennero utilizzate dalle popolazioni locali semplicemente per macerare il lino (da macera deriva appunto l’antico nome; Masera; della fonte principale dei bagni).
Solo nei secoli XIV, XV, XVI, caratterizzati da una profonda trasformazione della civiltà medioevale, che riguardava tutti gli aspetti della vita e della società , vi fu anche una generale riscoperta dell’importanza delle terme.
La scienza medica dell’epoca riconosceva, infatti, un grande valore terapeutico alle acque termominerali e anche presso l’Università di Padova, agli inizi del Quattrocento, assumevano particolare rilevanza gli studi di idrologia medica. Nello stesso periodo, coti l’inizio della dominazione della Serenissima Repubblica di Venezia, cominciò un lungo periodo di pace che favorì l’impiego, da parte della nobiltà , di capitali nelle campagne per acquistare terreni, costruire ville, realizzare opere di bonifica e di canalizzazione delle acque intese a migliorare le condizioni dell’agricoltura. A Caldiero vennero costruite le ville Da Prato, Cà Rizzi e Zenobio e il ritorno alla campagna favorì, con ogni probabilità , anche la riscoperta delle sorgenti termali.
Il Comune di Verona, proprietario dei terreni, emanò provvedimenti per la loro tutela (De acqua Masere optanda amni anno ante Calendas Maii), proibendo tra l’altro, di usare l’acqua dei bagni per la macerazione del lino; nel 1943 furono anche nominati tre Provveditorati che vigilassero sul rispetto delle disposizioni e provvedessero alla costruzione di quanto necessario per lo sfruttamento terapeutico delle fonti.
L’area termale fu quindi delimitata da un muro, la piscina Brentella assunse la struttura attuale, la manutenzione fu affidata a un custode e l’entrata divenne a pagamento. La Brentella è una delle testimonianze architettoniche più importanti di bagno rinascimentale. A forma circolare, di sedici metri di diametro, è delimitata da un alto muro di cinta nel quale si apre un solo accesso incorniciato da un piccolo portale scolpito in marmo rosso della Valpolicella, che reca in mezzo all’architrave lo stemma del Comune di Verona. L’altra piscina, alimentata da acqua termale, è laCavalla, aperta e semicircolare.
Iniziò così per le terme di Caldiero un periodo di grande interesse che durò presumibilmente fino ai primi decenni del Seicento. La gente accorreva da tutte le regioni vicine e anche personaggi illustri affidavano la loro salute alle virtù terapeutiche delle sorgenti termali. Una lapide incassata nella parete esterna della Brentella ricorda il soggiorno per cure termali, nel 1524, del marchese Federico II Gonzaga. Risalgono a questo periodo numerose pubblicazioni di studiosi che descrivevano le caratteristiche dell’acqua termale, l’origine del calore, la composizione chimica e i risultati della sua azione sui malati. Valutazioni di carattere sensoriale, prove di distillazione e osservazioni del terreno e dei fanghi cercavano, in particolare, di individuare nell’acqua la presenza di zolfo e ferro.
Il XVII secolo vide tramontare il modello di vita e cultura del Rinascimento cui fecero seguito crisi sociali ed economiche aggravate dal diffondersi di paurose epidemie. Anche il territorio veronese tra il 1628 e il 1631 fu toccato duramente dal flagello della peste che causò migliaia di morti: la paura del contagio, la severe misure dei Provveditori di Sanità della Repubblica di Venezia sulle merci e sulla promiscuità delle persone cambiarono notevolmente le abitudini e il tenore di vita consueti, determinando anche l’abbandono della pratica terapeutica con le acque minerali. Così anche le terme di Caldiero, dopo un secolo di grande successo, persero progressivamente di importanza e solo nel 1795 l’Accademia di Agricoltura Commercio ed Arti di Verona cercò di rivalutarle pubblicando il lavoro di due medici veronesi, Barbieri e Bongiovanni, vincitori del concorso per la migliore illustrazione delle terme.
Nel 1794 era stata anche costruita vicino alla Brentella una casa con vasche per bagni isolati. Ma in quel periodo la provincia di Verona era invasa dagli eserciti francesi ed austriaci e lo stesso territorio di Caldiero fu teatro, tra il 1796 e il 1813, con la presenza di Napoleone, di importanti battaglie, come testimonia l’incisione del nome Caldiero nell’arco di Trionfo di Parigi. Non esistevano quindi condizioni favorevoli per la rinascita delle terme, che rimasero in abbandono per altri decenni. Solo nel 1845 iniziarono i lavori di ristrutturazione della Brentella: i gradini di marmo vennero sistemati, le acque depurate, furono costruiti alcuni stanzini adibiti a spogliatoi e una copertura di tela. Anche la Cavalla fu sistemata e la casa adiacente fu adibita locanda, mentre già da alcuni anni esisteva una strada che collegava il paese al complesso termale.
Nei primi anni del Novecento, il comune di Verona incaricò un gruppo di scienziati e di tecnici di verificare la possibilità di captare le polle della piscina Brentella in profondità , sperando così di portare in superficie acqua più calda e più ricca di minerali. Nel corso di sei anni di lavoro furono effettuate perforazioni fino a duecento metri, ma senza apprezzabili risultati. Tuttavia, la testimonianza dell’origine profonda dell’acqua delle terme di Caldiero è data dagli strani fenomeni che si sono verificati in occasione di vari terremoti. Il 28 luglio 1883 alle ore 21,30, nell’istante stesso in cui veniva distrutta Cisamiccola (presso Napoli), le acque presentarono un consistente aumento di volume e un’attività straordinaria di bolle e nel 1891, poco prima che il terremoto del 7 giugno distruggesse la Val d’Illasi (nel Veronese), alle terme si riscontrò una fortissima agitazione dell’acqua. Per questi fenomeni, dovuti all’aumento del gas radon presente nell’acqua delle sorgenti, le terme erano considerate, nel secolo scorso, un vero e proprio sismografo naturale. Negli ultimi anni il comune di Caldiero, che dal 1967 è proprietario del complesso termale, ha affidato a medici, geologi, esperti di idrologia l’incarico di effettuare nuove analisi, ricerche e sperimentazioni per verificare la possibilità di utilizzare l’acqua per scopi terapeutici. Nel 1992 il Ministero della sanità ha infine riconosciuto, con proprio decreto, il valore terapeutico dell’acqua delle terme di Caldiero.